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al testo di Amina Narimi
La sua mano
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Il confine è ancora la sua mano, e lo sguardo origina dal buio. Basta un’eco, appena il tempo di passare, che un occhio solo già distingue il nido.
E qualcuno è proprio qui che trema- nel luogo dell’origine del grido di quell’albera- non le cime azzurre o le apicali delle sue radici, a tremare è il corpo che sta in mezzo, più modesto di un servo o di un padrone- dove passa l’alburno con la sete,
come fosse il concerto di tre angeli, quando sconfina in una viola sola.
"A tremare è il corpo che sta in mezzo,/più modesto di un servo o di un padrone". È un dono concesso alla Poeta, questa capacità di sguardo e di lingua, e i due versi sopra riportati, ne sono del testo la vetta luminosa. Molto di più scriverei, ma la Narimi merita una critica degna di questo nome, non la semplice impressione di un lettore, ancorché devoto.
Sempre magiche le tue poesie, Amina! Anagrammando il tuo nome, esce fuori: "Anima in rima". Se è questo il tuo nome effettivo, mai altro appellativo fu più rispondente al vero! Il sentimento dallalbera scaturisce come uno zampillo verso il lettore che si sente beatificato dalla luce che irradia dal di dentro. Questalbera sei tu con il tuo canto angelico, sicuramente un provvido dono divino.
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